Il “Decreto Sviluppo” approvato nel luglio scorso (L. nr. 106 del 12.7.2011), rende più difficile l’applicazione del fermo amministrativo. Il fermo amministrativo di un bene mobile (c.d. ganasce fiscali) è la conseguenza del non pagamento entro i termini di una cartella esattoriale relativa a tasse o debiti tributari dovuti e non pagati (contributi INPS, IVA, IRPEF, Tarsu, bollo auto, ecc.). Se prima dell’emanazione del citato decreto il fermo amministrativo di un veicolo veniva adottato con una certa disinvoltura anche per debiti esigui, ora il contribuente ha qualche garanzia in più. Niente fermo amministrativo per i debiti inferiori a duemila euro se prima non si avverte il contribuente con due solleciti di pagamento a distanza di sei mesi l’uno dall’altro. La previsione dei due solleciti consente una maggiore possibilità che il contribuente faccia valere ipotesi di illegittimità della misura cautelare se si pensa che era frequente l’adozione del fermo anche in presenza di provvedimenti, ad esempio sentenze del giudice di pace, che dichiaravano illegittimo l’atto impositivo. Contro questi atti esecutivi la tutela giudiziaria del debitore è ampia, in quanto è ammessa non solo l’azione ordinaria di cognizione, ma anche il provvedimento d’urgenza (art. 700 c.p.c.) al fine di inibirne l’iscrizione (contro il preavviso) ovvero di ottenerne, in vario modo (con ordine al Conservatore o con ordine al concessionario), la cancellazione (contro il fermo vero e proprio). Nel caso di pagamento integrale della somma dovuta, è possibile fare richiesta di cancellazione al concessionario che entro 20 giorni ne darà comunicazione alla direzione regionale delle entrate. Questa emetterà l’atto di revoca del fermo amministrativo inviandolo all’interessato che potrà utilizzarlo per fare richiesta di cancellazione recandosi ad un qualsiasi ufficio provinciale del PRA. Nessuna spesa è prevista a carico del debitore così come disposto dall’articolo 7, co. 2 del nuovo “Decreto Sviluppo”. Una cartella prima sospesa e poi annullata dal giudice non giustifica il fermo amministrativo ed un comportamento contrario a queste regole comporta il pagamento dei danni subiti dal contribuente e, secondo una recente pronuncia del tribunale di Roma , Sez. Dist. di Ostia (ord. nr. 171 del 12.5.2011), anche la denuncia all’autorità giudiziaria per abuso d’ufficio. Non è la prima volta che i giudici ordinari e le commissioni tributarie hanno riconosciuto il diritto dei contribuenti al risarcimento del danno arrecato da provvedimenti di fermo, iscrizioni d’ipoteche e pignoramenti immobiliari, ma stavolta il provvedimento del tribunale di Roma ha precisato che la condotta di Equitalia era stata volontariamente arbitraria, poiché ha abusato “in modo clamoroso del suo diritto di iscrivere il fermo amministrativo con dolo”. In questo caso la novità, oltre alla condanna del concessionario a risarcire il danno, è che il giudice ha ritenuto la condotta dell’agente della riscossione penalmente rilevante ed ha trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica. Il reato che si configura è l’abuso d’ufficio (art.323 c.p.), poiché l’attività che svolge Equitalia Gerit è connessa all’esercizio di una funzione pubblica.
Ganasce fiscali meno facili!